“Fatelo, se volete: impiccateli pure davanti a me. Qui ho quanto basta per farne altri.”
Caterina Sforza
La Romagna si sa, ama le donne da sempre, che siano le giovani e graziose turiste villeggianti oppure donne dal passato grandioso che hanno lasciato indelebile traccia. Ne abbiamo già incontrate alcune, da Galla Placidia alla contessina Guiccioli in Ravenna; donne forti, intraprendenti e pure coraggiose, specie se si considera il periodo storico in cui vissero. Questa volta ci sposteremo a Forlì ed Imola passando per il borgo di Dozza poiché qui visse colei che si guadagnò in vita l’appellativo di “Tigre di Romagna”. Caterina Sforza signora di Imola e Forlì.
Una combattente fiera, indomita e spregiudicata, ma soprattutto capace di stare a fianco dei suoi soldati alla stessa stregua di qualsiasi uomo d’armi del suo tempo. Imola, Dozza, Forlì sono state le sue roccaforti più importanti dove visse e dalle quali si difese strenuamente dai nemici venuti per prenderne i possedimenti.

Ma da dove veniva la giovane Caterina?
Cresciuta a Milano, alla splendida corte del padre Galeazzo Maria tra artisti e letterati, venne allevata dalla nonna paterna acquisendo in seguito la passione per la caccia, le armi e il gusto di governare… Arrivò in Romagna entrando in Imola con il primo marito Giorlamo Riario nipote di papa Sisto IV, e ne abitò la splendida e possente rocca. Successivamente conquistò Forlì e i forlivesi, che di quella donna ammirarono eleganza, bellezza e gusto raffinato seppur nel tempo ne conobbero anche il carattere stravagante e il piglio autoritario. La rocca di Ravaldino in città fu infatti teatro di scontri sanguinosi e dispute diplomatiche tra la giovane Caterina, rimasta vedova dopo l’attentato al marito da parte della famiglia Orsi di Forlì e i nemici del papa. Dall’alto di quelle mura pare abbia mostrato il pube dicendo di avere ancora lo stampo per fare altri figli, se quelli che già aveva le fossero stati uccisi. Un carattere intraprendente e che con altrettanta eleganza e cultura portò fiera l’appellativo della sua stirpe, forza. Oggi in città si trova un vicolo chiamato il Guasto degli Orsi per la vendetta che ella apportò, in nome del marito Riario, distruggendo tutti i possedimenti che la famiglia assassina aveva in questa zona. In seguito anche Niccolò Machiavelli le dedicò memoria riferendo della sua resistenza fiera e solitaria ammirata in tutta Italia, seppur nessuno accorse in suo aiuto.
La bellezza di Caterina, divenuta indiscussa Signora governatrice di Forlì, in seguito conquistò altri due uomini che sposò: Jacopo Feo, fratello del castellano e Giovanni de Medici, nipote del grande Lorenzo. Si sospettò anche di un possibile flirt con il grande Cesare Borgia, detto il Valentino, poco prima che questi la inviasse, con tutti gli onori, in prigione a Roma. Ad ognuno di loro sopravvisse tra congiure e guerre intestine che la riportarono negli ultimi anni della sua vita a Firenze, dove morì di polmonite nel 1509.
Le arti e la destrezza di Caterina non si fermarono tuttavia solo in ambito politico diplomatico, poiché ella fu rinomata cultrice di ricette e rimedi di bellezza dedicandosi a questa arte per tutto il corso della sua vita. Con unguenti e rimedi curativi ottenuti tramite utilizzo di erbe, parti di animali e sostanze naturali come pietre e polveri, ella passava molto tempo dallo speziale. La medicina dell’epoca era ancora più alchimia che farmacopea e così la pozione velenosa in tutte le sue declinazioni era il composto più venduto nelle corti e non solo. Caterina era in questo un’ esperta, conosceva molto bene i principi alchemici tanto da dilettarsi con esperimenti per convertire il metallo in oro. Presso la Rocca di Ravaldino conservava e curava un orto/erbario a cui il suo speziale di fiducia, Lodovico Albertini, rimase sempre fedele e facendole recapitare composti e erbe anche quando ella si trovò in esilio a Firenze. Fu l’inventrice del cloroformio utilizzato per addormentare i malati durante gli interventi e sempre a lei molti attribuiscono la nascita della cosmesi attuale, come si legge in un estratto della Nazione del 1865: “Caterina dè Medici (Regina di Francia dal 1547 al 1559 n.d.r.) insegnò l’arte dei profumi alle Signore di Parigi, perché tale arte l’aveva appresa dalla celebre Caterina da Forlì…” Fu il suo ultimogenito, Giovanni dalla Bande Nere, a custodire amorevolmente le ricette della madre che in tutto erano circa 471, giunte ai giorni nostri e raccolte in un libro, “Ricettario di bellezza”, pubblicato nel 1933.

Se la storia e le vicende di Caterina Sforza vi appassionano in Romagna si possono ancora oggi percorrere le orme di questa prodigiosa e battagliera donna del Rinascimento visitando le rocche di città e borghi medievali. Punto di partenza sarà Forlì dove si trova la cittadella sforzesca conosciuta come Rocca di Ravaldino e dove la contessa visse a lungo creandovi il suo giardino delle erbe e delle spezie oltre al famoso Paradiso, che altro non era se una sorta di dependance con i suoi appartamenti privati e una corte, ora purtroppo andato perduto.

Dirigendosi invece a nord, verso Imola, tappa obbligata per seguire le vicende della Tigre di Romagna è Dozza con la sua imponente rocca sforzesca. Piccolo e grazioso borgo medievale, Dozza è posta in alta collina da cui si ammirano panorami mozzafiato e il cui antico complesso medievale fu trasformato proprio da Caterina in castello fortificato per adibirlo a residenza nobiliare. Si trova al centro del borgo e conserva ambienti intatti: il famoso pozzo a rasoio, la sala delle torture, gli appartamenti nobili, la cucina del castello e infine le splendide torri che permettono di immergersi davvero nel passato. Parte dell’’interno della rocca è oggi sede dell’Enoteca regionale dell’Emilia Romagna dove consiglio di fare tappa per scegliere tra l’ampia selezione delle maggiori cantine del territorio e gustare assaggi della tradizione locale.
Guardando invece verso la Toscana, sulla strada provinciale per Firenze venendo da Forlì, si incontra Castrocaro luogo famoso per i suoi stabilimenti termali, che vantano architetture art deco’ uniche per bellezza e stato di conservazione. Ai tempi di Caterina il territorio era un luogo di passaggio dotato di posti di guardia e dogane tanto che la contessa usava spesso incontrare qui gli ambasciatori provenienti da Firenze. La fortezza, che oggi è tra le meglio conservate, è ammirevole architettura soprattutto perché costruita completamente sullo “spuntone” di roccia che sovrasta il borgo antico. Qui le leggende narrano che la nobile leonessa si unì segretamente in matrimonio con Giovanni de’ Medici, suo terzo marito e ambasciatore fiorentino nelle terre di Romagna e qui ancora oggi vi sono le segrete e le celle di prigionia.

Infine Imola, la prima sede della coppia Riario Sforza, la cui rocca fu luogo in cui soggiornò soprattutto nei primi anni del suo governo in Romagna.
Posta al limitare delle mura cittadine, costituisce uno splendido esempio di architettura fortificata tra Medioevo e Rinascimento
venendo dotata, tra 1472 e 1484, di rivellini, torrioni angolari circolari, cannoniere decorate con ornati e emblemi della signoria. Oggi ospita la sede dei musei civici con una notevole esposizione di ceramiche e armi in uso nei secoli in cui la rocca era adibita a difesa del territorio.
Un percorso storico e anche culinario è quello legato dunque a questa figura femminile che forse, oggi più di ieri, merita di essere ammirata e meglio conosciuta. Un simbolo indiscusso di coraggio tutto femminile di madre e sovrana che come poche altre seppe guadagnarsi onori e rispetto in un mondo tutto al maschile e che al momento giusto le seppe riconoscere non solo la bellezza ma anche la forza e la determinazione. Una sovrana attiva e politicamente a volte scorretta, ma comunque sempre attenta e fiera custode del suo onore e dei suoi valori.
La vita intrigante e appassionata di Caterina potrete approfondirla nelle numerose opere e documentazioni a lei dedicate. La terra appassionata di Romagna vi attende invece ancora una volta per svelarvi le sue preziose memorie.
